Incontri Maya
Senza per forza essere fatalisti, ma solo cercando di usare la propria conoscenza e dare un Senso, che assolutamente deve avere, alla vita e agli incontri che facciamo ogni giorno ed in determinati periodi, ho da pochissimo incontrato una persona di origini Maya.
Maya significa: E’ Maya, il velo , che avvolge il volto dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra, che agli prende per un serpente.
Da ciò si capisce che per il filosofo la realtà visibile è apparenza, e per l’appunto illusione. Nulla, a ben guardare, ci garantisce che quanto esiste o accade non sia solo un sogno. L’essenza della realtà, o noumeno, che si nasconde dietro il fenomeno per Kant restava il concetto-limite della conoscenza e perciò inconoscibile. Invece ad avviso di Schopenhauer può essere raggiunta e di conseguenza è possibile squarciare il velo di Maya. Ma com’è possibile ciò? Se l’uomo fosse soltanto coscienza e rappresentazione non potrebbe mai uscire dal mondo fenomenico, ma esso è dato a se medesimo anche come corpo e quindi può accedere al noumeno.
Ora, il corpo è dato in due maniere: da un lato come rappresentazione e dall’altro come qualcosa di immediatamente conosciuto, e che viene designato col nome di volontà. Il corpo è dunque volontà resa visibile ed è attraverso il corpo e l’immersione nel profondo di se stesso che l’uomo sente la volontà di vivere. E’ proprio questa immersione che squarcia il velo di Maya. Per Schopenhauer questa volontà si sottrae alle forme dello spazio, del tempo e della causalità; infatti è unica, eterna e incausata. Inoltre è anche inconscia, poiché la consapevolezza e l’intelletto costituiscono soltanto delle sue possibili manifestazioni secondarie. Il concetto iniziale di velo di Maya, ossia il fenomeno inteso come una sorta di illusione, di apparenza che vela la realtà delle cose, deriva dalla filosofia indiana e, in particolare, dai Veda e dai Purana (testi sacri). Nelle Upanishad antiche è ben spiegato che Tempo, Spazio e Causalità danno origine alle rappresentazioni fenomeniche, cioè a Maya. Consapevoli di ciò, i saggi indù avevano già trovato la via per squarciare il velo di Maya. La Maya è il potere divino mediante il quale l’Essere supremo (Brahman) può far sorgere e scomparire le cose, da qui il significato di potere illusionante. Ed è proprio da queste considerazioni che Shopenhauer trova ispirazione per la sua filosofia. Infine poiché Schopenhauer paragona le forme a priori a dei vetri sfaccettati attraverso cui la visione delle cose si deforma, egli considera la rappresentazione come una fantasmagoria ingannevole, traendo la conclusione che la vita è “sogno”, cioè un tessuto di apparenze o una sorta di “incantesimo”.
Andando alla ricerca di precedenti illustri di questa intuizione, Schopenhauer cita: i Veda e i Purana (che considerano l’esistenza come una sorta di illusione), Platone (il quale afferma che spesso gli uomini vivono il un sogno), Shakespeare ( il quale scrive che “noi siamo di tale stoffa, come quella di cui son fatti i sogni, e la nostra breve vita è chiusa in un sonno”), Calderòn de la Barca (il quale afferma “la vita è un sogno”) e altri. Sulla scia di questi pensatori il filosofo scrive “la vita e i sogni sono pagine dello stesso libro”. Ma al di là del sogno e del fenomeno esiste la realtà vera, sulla quale l’uomo non può fare a meno di interrogarsi. Infatti l’uomo e un “animale metafisico”, che, a differenza degli altri esseri viventi, è portato a stupirsi della propria esistenza e ad interrogarsi sull’essenza ultima della vita.Non credo che ci sia bisogno di ulteriori commenti ma lascio che ogiuno come diceva il Buddha ne tragga i suoi insegnamenti in base alla sua coscienza e alla sua conoscenza.Il solito grande abbraccio a tutti e soprattutto a quelle persone con cui ho sbagliato.
Leonardo