Il guaritore alieno
Ciao Leonardo,
come promesso ti invio la nostra passeggiata nelle mie vite precedenti.
Prendo il mio ascensore e guidato dalla tua voce mi avvicino verso il piano terra. All’apertura delle porte ho davanti a me un velo bianco che presenta un punto nero in basso a sinistra e, come descritto da te, si allarga fino a permettermi il passaggio; prima di passare insieme a te mi sentivo già attratto dal portale che si è formato ma ho aspettato il tuo via.
Approdati nella splendida verde campagna collinare noto un albero maestoso e mi dirigo sotto in attesa di qualcuno. Quel qualcuno non è una persona ma un lupo; un bel lupo di stazza grande, una via di mezzo tra un cucciolo e un adulto. Mi avvicino stando in allerta perché non conosco le sue intenzioni. In realtà si avvicina, poggia il suo fianco nella mia gamba e ho come la sensazione di essere un tutt’uno con il lupo. Sotto la tua guida entro dentro, mi sento lui. È tutto amplificato: luci, suoni, odori, gusti, sensazioni, tutto almeno dieci volte di più. Mi sento alla ricerca di un posto dove riposare in tranquillità, trovo spazio sotto l’albero descritto in precedenza.
L’istinto mi dice di cercare il mio gruppo: trovato! Mi unisco a loro, gioco con loro, corro con loro, salto con loro. Un gruppo dove sto bene. In un momento di tranquillità sento dei suoni particolari, sembrano voci.
Mosso da curiosità mi avvicino e noto un villaggio. Sento queste voci, non conosco alcune parole ma il succo del discorso è che si stanno organizzando per costruire qualcosa. Mi avvicino. Mi vedono. Sto in allerta. Mi studiano. Con passo gentile mi avvicino a loro che, guardandomi in viso, capiscono le mie intenzioni lasciandomi girare liberamente in mezzo a loro. Subito i bambini sono intorno a me, giocano con me: sto bene, sono felice, i bambini urlano di gioia.
L’attenzione si sposta nel momento in cui sto aiutando gli adulti a scavare una buca. Mi guardano felici. Nel frattempo che costruiscono porto loro dei secchi d’acqua. Anche i bambini portano i secchi d’acqua e io li aiut o; un aiuto vero e proprio perché non tolgo loro il secchiello ma li sostengo nel portarlo, a volte tenendo una parte del manico e a volte dando una spintarella al didietro del bambino con il muso.
Arriva il momento del pasto e mi concedono di mangiare una ciotola di minestrone con loro, di fianco ai bambini.
Mi sposto nel branco di lupi iniziale e anche lì sto bene: gioco, corro, salto.
Noto che i momenti di trasferimento tra un branco e l’altro mi consentono di fissare ciò che ho imparato nei periodi di convivenza.
Passiamo in un altro pianeta, celeste e verde. Ho le sembianze di un umano ma sento di non esserlo: testa pelata, leggermente lunga, occhi leggermente arrotondati, naso e bocca più piccoli rispetto a un umano, di similare rimane il corpo con braccia, mani, gambe e piedi. Sono vestito con abbigliamento leggero, il mio è bianco ma dentro di me so che ne ho anche altri, colorati. Di fronte a me ho una persona sdraiata su una pietra grigia (tonalità intermedia). Torno leggermente indietro con la memoria: passeggiavo insieme a questa persona ma avvertivo qualcosa che non andava nel suo petto. Lo invitai a entrate in questa stanza fatta di pietra. All’interno c’era una lastra, piatta sopra e stondata sotto, sospesa per aria. Qui tutto è più leggero. Mi resi conto di essere un guaritore e che quella era la stanza delle guarigioni. Guarire come? Semplice! Ogni inspirazione è prendere energie concesse dalla terra e ogni espirazione è inviarla alla persona di fronte per aiutarla a disperdere ciò che è inutile e dannoso innescando l’autoguarigione. La persona è felice, mi ringrazia.
Al passaggio successivo mi ritrovo avvolto dalla luce. Torno al momento prima. Brutta sensazione: fredda lama nella pancia. Vedo una spada e una mano, poi torna luce. Mi pare di aver capito che sono stato ucciso perché aiutavo gli altri. In effetti stavo aiutando delle persone aggredite qualche momento prima. Torno ancora indietro, al sapore della natura, al semplice profumo dei fiori, al curare gli altri, al lavorare il legno per me e per gli altri. Una splendida sensazione, piena di gioia e felicità.
Mi chiedi di tornare al momento in cui siamo sul pianeta extraterrestre. Qui iniziano le difficoltà fisiche: girava tutto, forte, un sovraccarico di energia. Ho aperto gli occhi e sono tornato qui. E con me è arrivato anche il cosa dovessi imparare: quanta energia prendere e quanta energia dare.
Due appunti sul pianeta: considerato che le navi viaggiano prossime alla velocità della luce che qui sulla terra conosciamo, posso aggiungere che non è tanto lontano, circa due minuti terrestri. Non vi è necessità di comandare, non c’è un governo, tutti sono uguali. Si cammina molto lentamente, simile alle persone che pensano intensamente. Tutti sono lenti. Tranne i mezzi di trasporto extraterrestri, quelli vanno velocissimi e non hanno un sistema di comando: si comunica alla nave (che ha la forma di una freccia) dove andare e quella va. Gli abbigliamenti sono leggeri, simili al cotone, colorati. Il nutrimento è dato dalla frutta, al pensiero è come se avessi ancora il sapore dolce in bocca.
Grazie per avermi accompagnato in questo percorso: ora ho capito perché mi piace essere un guaritore, perché mi piace stare da solo tra una esperienza e l’altra, perché mi piace lavorare il legno, perché mi piace aiutare gli altri a portare a termine le loro opere, perché mi trovo bene in tutti i gruppi sebbene diversi l’uno dall’altro, perché mi riesce di mantenere in vita i fiori e perché quando sentivo freddo alla pancia stavo male (quest’ultima volutamente al passato).
Che la Luce del Creatore sia compagna in ogni momento.
Un forte abbraccio
Alberto