Esperienza di Marco a Rapallo
“Quando si intraprende la strada verso la ricerca della Verità, si inizia una evoluzione che non avrà mai fine”
Tanti anni fà, posi il mio sguardo su un’immagine di Krishna.
Un’esplosione nel mio cuore mi inondò di stupore e da allora Dio ha un volto, dovendone scegliere uno per immaginarmelo.
Crisi mistica, non sapevo cosa voler fare da grande, vado in una chiesa vicino a scuola con le mie domande, assolutamente non trascendentali… direi piuttosto di metodo.
Arriva il prete che noto (con iniziale stupore) essere indiano. A grandi somme questo il dialogo:
“ho un problema”
-Parlamene
“ho visto Krishna e me ne sono innamorato”
-Io sono stato indù, lo conosco bene
“perchè è successo? perchè questa folgorazione?”
-devi fare attenzione, l’induismo porta ad una sorta di fatalismo controproducente, il cristianesimo invece ti rende attivamente partecipe della vita quotidiana. questa deviazione dal Cristo può essere di ostacolo alla tua religiosità.
Lo è stato assolutamente.
Lo scatto qualitativo si è insinuato prepotentemente nel profondo del mio essere, e allora decisi.
Decisi di votarmi alla spiritualità, e non alla religiosità.
Vita quotidiana per quasi tren’anni da allora. Ho incontrato maghi e veggenti, Santi e mascalzoni di tutte le risme. Sono andato in India tre volte dal mio maestro “spirituale”. Egli mi ha dimostrato l’esistenza di Dio nel mio Sé interiore.
In uno di questi viaggi uno Shastri (una sorta di indovino che non deve indovinare nulla, leggendo semplicemente delle foglie di palma incise con le storie personali di chi vi si reca) mi indicò a somme linee ben undici vite precedenti:
Hai avuto la visione di Krishna, Hai veduto Gesù, anche. In India hai incontrato Shirdi Baba (Santo musulmano ed indù allo stesso tempo…) nella tua vita precedente.
Queste le cose che mi ha riferito. Essendo curioso come un topolino, mi son fatto dire quando morirò… Un dato che custodisco per me.
Leonardo è strano.
Un bambino con la voce di Uomo. Di anziano, direi. La sua voce, metallica e grave allo stesso tempo mi hanno portato al Tibet. Sensazione confermata appena gli sentii pronunciare l’Om. Che emozione! Riesce a portarti via, lontano, solo con la voce! Che strumento potente!!!
Senza clamore, senza chiedermi nulla, butta li due mollichine nel laghetto, ed io abbocco come una carpa affamata da troppo tempo stagnante sul fondo.
“Ti devo chiedere una cosa”
– Dimmi.
“Vorrei fare regressione alle vite precedenti. Di te mi fido. Non ho mai chiesto cose del genere a nessuno, ma con te, se mi segui, lo farei”
-Non c’è problema, ci organizziamo e possiamo farlo tranquillamente.
E’ notte, gli ultimi amici sono stati accompagnati e stiamo risalendo le scale. Forse è l’ultima occasione utile per azzardare e cerco di sondare il terreno e insistendo poco poco (praticamente nulla), mi ritrovo nella sua camera.
Niente rituali o magheggi. – Lo sapevo.
Mi tocca la schiena e parla con la sua voce antica.
Richiede la protezione delle persone che ho amato e che non hanno più un corpo fisico – ma sono ancora, ed io lo so.
Rimango cosciente, mi aspettavo di altro ma solo i pensieri rallentano, si ordinano e rallentano la loro corsa turbinolenta, si assottigliano.
-Cerca di vedere un punto importante della tua vita, una esperienza…
Inizia così.
Io con la mente ancora attiva penso: La nascita dei figli è la cosa più meravigliosa che ho avuto in vita mia… cerco di portere volontariamente la ragione a quel punto, ma benchè riviva il momento, questo è solo un rapido guizzo nella mia testa. Il resto mi ha riportato a trent’anni fa, quando ero poco più di un ragazzo, in quella chiesa dove sono cresciuto e diventato Uomo. Mi sono posto la prima domanda da uomo.
Cambia la voce ed inizio a descrivere…
Velocemente passa tutto: Il momento, la sensazione, tutto.
-Cerca di andare indietro, indietro, indietro…
Cerco di andare indietro… tutto è scuro, indefinito.
Una parete nera, come di granito con puntini sfavillanti inizia a scorrere da sinistra a destra. Una parete nera tempestata di piccoli guizzi di luce. Più o meno grandi, ma puntini. più o meno nitidi, ma sempre e solo puntini luminosi e niente più.
Cambia la parete, cambiano le pareti… stesso colore, stessi punti e puntini, pur se disposti in modo differente, con densità differenti… Stesso lento scorrere di questi sfondi apparentemente criptici e senza senso.
Con la voce da sedicenne continuo a dire di essere lontano nel tempo… forse Leonardo si stanca di questa inutile cosa ed ordina perentorio:
-fermati ovunque tu sei! e guardati attorno.
Vedo e parlando descrivo. Lui sente a fatica, mi dirà dopo…
Uno strano luogo si forma da una nebbiolina indefinita, avvolgente e molto “padana”, terrena.
Vedo i miei piedi rosei che indossano un paio di sandali alla moda indiana, quelli rigidi col chiodo fra l’alluce ed il secondo dito. Senza cordine o altro. di fronte a me una sorta di ponte, e sfocato, in lontananza, una specie di città degli elfi…
Che posto assurdo. Come a rifiutare questì’assurdità mi muovo ancora e faccio una sorta di salto non richiestomi da nessuno. Non richiestomi da Leo.
Sono abbagliato ed in questo abbaglio vedo le mie mani.
Sono bianche, lunghissime dita affusolate. Quasi posso vederne solo il contorno per quanto sono luminose. Sembrano adornate. So che sono ricamate, quasi alla moda delle rahini (spose dei maharajà) ma non penso di essere donna. Mi vedo appena dall’alto e ho come il sentore di percepire un velo ricamato d’oro. Non posso vederlo, sento che è così, ma tutto è bianco, solo bianco splendente.
Inizio a piangere lentamente lacrime di gioia, cerco di parlare con la voce rotta deall’emozione:
“sento che è qui”
-Chi?
“Krishna, è qui”
-ma… dove ti trovi?
“non lo so… è così distante nello spazio… è così distante nel tempo… è così distante da ogni cosa che ho passato sin’ora…”
(intendevo lo scorrere delle pareti granitiche, che comunque mi avevano fornito quel continuum temporale necessario a poter definire un prima ed un dopo…)
“Sono a Vrindavana”
“Lui è qui, ma non lo vedo… so che c’è, ma stà giocando… Si nasconde…”
Piango perchè non Lo vedo.
Tutto è di un bianco da esplosione nucleare. i contorni delle mani e della testa indefiniti. Scorgo a sinistra, ma è una impressione, dei fili d’erba bianchi anch’essi, che ondeggiano al rumore di una brezza che non percepisco però a pelle.
Poi, sulla destra, in questo bianco intravedo il volto di un bambino piccolo, con le dita in bocca mentre, nascosto dalla luce, assapora il burro ghee rubato da qualche parte. Piango di più e di gioia e stavolta non è perchè è nascosto, ma perchè Si mostra.
Il bianco splendente del contorno perde quasi la sua dignità a Suo confronto. Ma Krishna non significa “il nero”? E’ sfavillante.
Questa è la gioia di essere in relazione diretta con Krishna? Questa è la gioia che dovremmo provare quando ritroviamo il nostro stesso Sé interiore?
Cosa sono le vite, se non quei muri neri e sinceramente poco interessanti, che ho scorto nel percorso che ho fatto?
Come denotare i puntini che tempestano quelle superfici?
Che siano tutte le nostre esperienze “terrene” nella loro mediocre e debolissima luminosità, ognuna di quelle stelle?
Non esistono parole. Non posso dire quanto il bianco può esserlo nè quanto la gioia può essere Ananda.
Non sono andato all’inizio della mia vita terrena. Leonardo mi ha accompagnato con una amorevole semplicità ancora prima… e con la stessa delicatezza, in una commozione che prendeva via via sempre di più il posto del silenzio della camera, ci siamo ritrovati abbracciati e commossi.
Leonardo, ti voglio bene.